4 miliardi di euro. Questa è la cifra impressionante che ha raggiunto il mercato del senza glutine a livello mondiale. Un numero destinato a raddoppiare nel giro di pochi anni. Il dato italiano, però, fa sorgere qualche domanda. Perché acquista prodotti senza glutine il 10% degli italiani se i celiaci stimati sono solo l’1%?
Chi segue una dieta gluten free per propria iniziativa personale e non come rimedio a comprovati problemi di salute, lo fa spesso perché ritiene che eliminare la proteina dia benefici a livello di benessere generale o aiuti addirittura a perdere peso. Complice la pubblicità che questo stile di vita ha ricevuto da personaggi famosi e campioni sportivi, che giurano di sentirsi rinati da quando hanno eliminato il glutine, la moda ha pericolosamente preso piede e la richiesta sul mercato non accenna a diminuire, anzi.
La verità è che i prodotti industriali senza glutine (attenzione: non si parla qui di alimenti naturalmente privi di glutine ma di cibi processati e certificati senza glutine) hanno una specifica funzione nella vita delle persone affette da celiachia, ma non sono né più sani né più dietetici di altri alimenti per chi invece non presenta questo disturbo. A parità di valori nutrizionali (che nella maggior parte degli alimenti si equivalgono) è spesso vero il contrario. Il glutine è infatti una componente proteica “collosa”, che permette agli impasti di farina di amalgamarsi. Questa proteina, in molti casi, viene sostituita da oli e grassi che sul lungo periodo risultano tutt’altro che dietetici.
Ulteriori rischi nascosti dietro l’adozione di una dieta senza glutine, in mancanza di una vera patologia, possono essere quelli di favorire alimenti con un maggiore indice glicemico o eliminare i cereali integrali, che contengono una buona dose di fibre e che riducono il rischio cardiovascolare.
Piuttosto che eliminare il glutine dalla propria dieta, chi è attento al proprio benessere e vuole seguire un regime alimentare sano e bilanciato dovrebbe cercare di ridurre al minimo il consumo di cibi processati e molto raffinati a livello industriale. Il focus in vista di un dimagrimento, invece, andrebbe messo sulla quantità di carboidrati assunti più che sul glutine in sé e per sé.
La moda dei cibi “senza”, però, non riguarda soltanto il glutine. Le restrizioni dietetiche ingiustificate e non controllate riguardano anche altre categorie di alimenti, caratterizzate dalla mancanza di un allergene o di un ingrediente particolare.
Il 74% degli italiani predilige alimenti sulla cui etichetta sia riportata la dicitura “senza”, nella convinzione che questi apportino beneficio alla salute o alla forma fisica. Via libera quindi ai cibi senza lattosio, senza olio di palma, senza zuccheri aggiunti, senza grassi, senza sale, senza conservanti. Perché? Tempo fa abbiamo parlato, in questo articolo, della tendenza dei consumatori a prediligere ingredienti naturali e formulazioni green per i prodotti legati alla cura del proprio corpo. La stessa tendenza verso la naturalità dei prodotti e il benessere (o la ricerca di essi) si registra nel campo dell’alimentazione. Rincorrendo un ideale di semplificazione e di ritorno alle origini, i nuovi consumatori, apparentemente più attenti a ciò che mettono nel loro piatto, si fanno però ingannare da diciture abbastanza generiche.
Dietro molti prodottisenza grassi, ad esempio, si nasconde una grande quantità di zuccheri aggiunti, utilizzati per raggiungere consistenza e sapore dei prodotti “normali”. L’olio di palma, ultimamente demonizzato, viene spesso sostituito da olii e grassi non necessariamente salutari. Lo zucchero eliminato in cibi e bevande light è quasi sempre rimpiazzato da edulcoranti chimici e additivi potenzialmente dannosi per l’intestino e per l’organismo in generale.
Le motivazioni che hanno portato alla diffusione di questa tendenza non del tutto positiva possono però essere utilizzate per migliorare l’alimentazione e la salute dei consumatori. Il desiderio di inserire nella propria dieta cibi più naturali e salutari può essere incanalato nella scelta di alimenti meno processati a livello industriale. Prediligere frutta e verdura di stagione e cereali integrali significa mettersi al riparo da lunghe liste di ingredienti spesso illeggibili e dalle brutte sorprese che queste possono nascondere. La voglia di tornare ad un modo di alimentarsi più semplice e sostenibile può diventare un impegno concreto nella riscoperta, ad esempio, dei grani antichi o delle ricette tradizionali che garantivano un buon apporto di nutrienti ed un minore spreco di risorse.
Tu cosa pensi di questa tendenza? Ti capita di preferire prodotti “senza” e perché? Dicci la tua nei commenti.
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